Perché è nata


La scelta di creare un’associazione per sostenere la ricerca è nata dalla volontà della madre e degli amici di Emanuele di fare qualcosa di concreto per aiutare coloro che si trovano ad affrontare la malattia. In particolare una patologia rara, poco conosciuta e difficilmente individuabile nelle sue peculiari caratteristiche come i N.E.T. e le M.E.N., da cui quindi è difficile difendersi e che lascia in chi si trova a viverla un profondo senso d’impotenza. Da qui è nata la consapevolezza che l’unica arma a disposizione è la ricerca medica, che va sostenuta e aiutata soprattutto per le malattie rare la cui bassa casistica è spesso indice di difficoltà di riconoscimento.

Lo spirito che ha animato i fondatori dell’associazione al momento della sua costituzione è ben esemplificato dalle parole pronunciate dal dott. Scionti durante una cena di beneficenza in commemorazione dei dieci anni dalla morte di Emanuele:

“La ricerca è il motore del progresso in campo biomedico e purtroppo l’Italia non brilla nel confronto con gli altri paesi Europei e del Nord America in questo specifico ambito. Secondo gli ultimi dati disponibili l’Italia è all’ultimo posto per quanto riguarda la percentuale del prodotto interno lordo investito nella ricerca.

Di chi la colpa di tutto ciò? Indubbiamente sia lo Stato e sia le industrie farmaceutiche hanno le loro responsabilità. Da parte dello stato questo problema non viene considerato prioritario per gli interessi del paese. Inoltre, la politica finora attuata di distribuire “a pioggia” e senza alcuna graduatoria di merito i pochi finanziamenti disponibili rende a volte quasi ridicola la cifra che viene messa a disposizione dei centri di ricerca in grado di svolgere un’attività che sia competitiva con quella degli altri paesi. I vincoli della burocrazia inoltre rendono disponibili i fondi erogati spesso con molto ritardo, che viene quasi vanificata la possibilità di una loro pronta e tempestiva utilizzazione.

Le industrie farmaceutiche orientano invece la loro politica di investimento in funzione del potenziale mercato di un farmaco, per cui accade molto spesso che interi settori della medicina vengano trascurati solo perché ci si trova di fronte a malattie rare o di scarso impatto sociale ed emotivo.

Di qui l’importanza di poter disporre di fonti di finanziamento alternative… negli ultimi anni questa sensibilità è andata crescendo nella popolazione ….la strada dell’attivazione dal basso, da parte dei cittadini, e della loro mobilitazione verso obiettivi specifici è senz’altro vincente ed integra, e in alcuni casi sostituisce del tutto le altre modalità di finanziamento della ricerca…”

Montefalco 20/12/2000
Dott. L. Scionti
DIMISEM Monteluce – Perugia

Nel 2013 la Dottoressa Manuela Albertelli del Comitato Scientifico di Sezione Liguria -Ospedale San Martino di Genova, ha sollevato di nuovo il problema, rivisionando il messaggio del Dr. Scionti, alla luce di tredici anni dopo. Come è sostenuta in Italia la ricerca sui tumori rari?

La ricerca è il motore del progresso in campo biomedico. E’ essenziale per poter capire quali siano i meccanismi che possiamo sfruttare per combattere, rallentare e, talvolta, anche curare le neoplasie, come i tumori neuroendocrini. Molti progressi sono stati fatti negli ultimi anni, ma siamo ancora lontani da soluzioni definitive per questi tumori. Purtroppo l’Italia non brilla per quel che riguarda i fondi destinati alla ricerca, soprattutto a confronto con altri paesi europei o del Nord America. Inoltre, il grave momento di crisi economica globale, che stiamo vivendo, fa sì che ogni anno i ricercatori italiani vedano assottigliarsi sempre più i possibili finanziamenti da dedicare a progetti di ricerca, indipendentemente dal valore scientifico, medico e sociale che questi progetti possano avere. Inoltre spesso i vincoli della burocrazia fanno sì che i fondi erogati dallo Stato o da enti privati siano fruibili solo con molto ritardo, a volte vanificando la possibilità di una loro pronta e reale utilizzazione. Inoltre l’etichetta di malattia rara, da sempre attribuita ai NET e alle MEN, nonostante negli ultimi anni si sia assistito ad un loro costante aumento, rende ancora più difficile il reperimento di fondi per la ricerca su queste neoplasie.

Gli investimenti purtroppo, molto spesso, vengono indirizzati in funzione del potenziale mercato di un farmaco, quindi sulle malattie più frequenti, penalizzando così alcune patologie rare, ma non per questo meno gravi. Da qui nasce l’importanza di poter sensibilizzare la popolazione e poter raccogliere fondi, con fonti di finanziamento alternative, come sono quelli derivanti dalle associazioni come AINET. La strada dell’attivazione dal basso, da parte dei cittadini e della loro motivazione verso obiettivi specifici è senz’altro vincente ed integra, o talora sostituisce del tutto, la forte carenza di altre modalità di finanziamento alla ricerca. La ricerca alimenta la nostra speranza.